Gli editoriali in primo piano
20 novembre 2024
NON POSSIAMO RESTARE IN SILENZIO.
LA SOCIETÀ CIVILE PER LA SANITÀ PUBBLICA
Da troppo tempo il Servizio sanitario nazionale, un patrimonio fondamentale per un paese civile, non riceve la giusta attenzione. Da troppo tempo osserviamo, spesso impotenti, una grande indifferenza nei confronti del progressivo indebolimento della sanità pubblica.
Eppure, negli anni, il Ssn ha contribuito a raggiungere risultati importati per la salute di tutti noi, riconosciuti a livello internazionale. Ad esempio, i dati Ocse dimostrano che in Italia la mortalità evitabile grazie a interventi sanitari tempestivi ed appropriati è circa il 30% in meno della media UE, la sopravvivenza a 5 anni per molte patologie oncologiche è superiore alla media europea, le differenze nell’accesso ai servizi in base alla condizione socioeconomica sono inferiori alla media dei paesi europei. Ma tali risultati non possiamo darli per scontati.
Al contrario, i dati attuali dimostrano – e le persone sperimentano – la profonda crisi del sistema. Dopo la pandemia, nonostante gli insegnamenti (troppo presto dimenticati) e le promesse (mai mantenute), la situazione è sempre più preoccupante.
L’Istat riporta che nel 2023, il 4,5% degli italiani rinuncia alle cure a causa delle lunghe liste di attesa (in forte aumento rispetto al 2,8% del 2019), il 4,2% rinuncia per motivi economici e l’1% per la scomodità del servizio. Lo sviluppo dell’assistenza territoriale, specie per le persone anziane, continua a segnare il passo. Gli italiani stanno riscoprendo la paura – propria del secolo scorso – di ammalarsi non solo per le sofferenze che ne discendono ma anche per i costi che potrebbe comportare.
Oggi il pericolo incombente è la perdita del Ssn (per come l’abbiamo conosciuto dopo la sua istituzione) attraverso la privatizzazione dell’assistenza sanitaria.
La sanità pubblica garantisce ancora a tutti una quota di attività (urgenza, ricoveri per acuzie, interventi salvavita), mentre per il resto (visite specialistiche, accertamenti diagnostici, piccola chirurgia, riabilitazione, assistenza residenziale) il Ssn arretra, e i cittadini sono costretti a rinviare gli interventi o a ricorrere ai servizi a pagamento. Le lunghe liste di attesa e, più in generale, la difficoltà ad accedere a prestazioni sanitarie e sociosanitarie stanno così abituando la popolazione a non considerare più la sanità pubblica il primo riferimento in caso di malattia, e stanno facendo riemergere un timore che da decenni era scomparso: la paura di non avere abbastanza soldi per potersi curare.
Nelle cure dei malati cronici (ormai la parte preponderante degli assistiti), le famiglie sono lasciate sole e lo sviluppo dei servizi territoriali e di prossimità – che abbiamo visto essere determinanti nella pandemia – è al palo, dopo dichiarazioni roboanti.
I professionisti della salute – risorse fondamentali, perno di ogni organizzazione di servizi alla persona – sono sempre meno numerosi e sempre più demotivati, mentre dopo la pandemia avremmo dovuto proteggerli e riconoscerne il valore. Nell’attuale scenario, è inevitabile che gli operatori siano sottoposti a una pressione insostenibile che si traduce in una fuga dal pubblico, soprattutto dai luoghi di maggior tensione, come l’area dell’urgenza. Le retribuzioni debbono essere adeguate ai livelli europei (pena la continua “esportazione” di professionisti), devono essere garantite condizioni di lavoro sostenibili e occorre riprendere a investire nella formazione, compresa la formazione nella comunicazione.
Le risorse messe complessivamente a disposizione sono sempre meno adeguate rispetto ai bisogni di assistenza della popolazione; i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) sono messi a rischio in molte regioni e i divari tra Nord e Sud d’Italia potrebbero ampliarsi.
E la Legge di Bilancio per il 2025-2027 non prevede il rafforzamento del personale, non interviene per contrastare la crescente demotivazione dei professionisti, propone ulteriori aumenti delle risorse per i privati, dispone aumenti del FSN sempre inferiori a quelli del Pil (fino a scendere nel 2030 al 5,6% del Pil, livello MAI COSÌ BASSO prima d’ora!) e tali da produrre disavanzi consistenti nei prossimi anni.
Il Servizio Sanitario Nazionale è l’emergenza ma dobbiamo constatare che tutto il sistema di Welfare, dalla scuola, all’Università, alla cultura, all’assistenza sociale, alle politiche per la casa sono sostanzialmente abbandonate e rischiano il tracollo.
Di fronte a tale situazione non possiamo restare in silenzio.
Le associazioni promotrici del presente appello, tutte appartenenti alla società civile, denunciano lo stato di crisi del Ssn, richiedono interventi per interromperne il declino, ribadiscono la necessità che la salute diventi una vera priorità anche nell’allocazione delle risorse e sono a fianco dei professionisti impegnati in iniziative di mobilitazione e di difesa della sanità pubblica.
Associazione Salute Diritto Fondamentale Associazione Giovanni Bissoni Laboratorio salute e sanità - LABOSS Forum Disuguaglianze e Diversità
Salute Internazionale
Associazione Prima la Comunità - ETS Associazione Alessandro Liberati-Cochrane Fondazione Gruppo Abele
Libera - Associazioni, nomi e numeri contro le mafie Fondazione Maratona Alzheimer
Associazione Italiana di Epidemiologia
Cittadinanzattiva APS
CIPES - Centro d’Iniziativa per la Promozione della salute e l’Educazione Sanitaria Associazione Centro per la Riforma dello Stato – ETS
Associazione Volere la Luna ODV
Associazione La Bottega del Possibile APS – Torre Pellice
Diritti a Sinistra
APS Ve.R.So - Veneto Ricerca Sociale
Associazione Perugia per la Sanità Pubblica - Perugia
Associazione Camminare Insieme OdV
Ve.La - Veneto Laboratorio
Fondazione Casa dell'Ospitalità – ETS – Ivrea
Con/F/Basaglia - Conferenza Basaglia
Lisbon Institute of Global Mental Health
Covesap - Coordinamento veneto per la sanità pubblica
Associazione TiAscolto APS
Associazione Treviso civica
Fondazione Nilde Iotti
Associazione Insieme APS-ETS
Associazione MenteInPace - Forum per il ben-essere psichico - Cuneo
Gruppo di Ricerca per la Salute Mentale "Conoscere per Migliorare" Associazione La tazza blu – OdV - Torino
SOS SANITÀ
RSWT - Rete Salute Welfare Territorio
Per una Sanità del Servizio Pubblico
Siep - Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica Comitato Un'altra Busca è possibile – Cuneo
Per ulteriori adesioni inviare una mail a [email protected]
16 ottobre 2024
TANTA PROPAGANDA PER NULLA
La legge di Bilancio presentata ieri ha il pregio di rendere ancora più evidente la realtà e le vere intenzioni del Governo Meloni sulla tutela della salute e il futuro del Servizio sanitario pubblico.
Le promesse e gli annunci che hanno alimentato sin qui la propaganda del Ministro Schillaci e della maggioranza parlamentare - straordinari piani di assunzioni, celeri rinnovi contrattuali, investimenti in tecnologie, detassazione di voci stipendiali del personale del SSN, revisione delle tariffe delle prestazioni, adeguamento della spesa farmaceutica, per fare un parziale elenco delle più significative – evaporano di fronte alla dura realtà che il ministro Giorgetti è costretto ad ammettere nella conferenza stampa: nella prossima Legge di bilancio per il 2025 ci sono appena 900 milioni aggiuntivi per la sanità.
Una cifra molto inferiore anche al solo recupero dell’inflazione programmata, per non parlare dei 3,7 miliardi proposti e promessi da Ministro Schillaci per far partire subito il maxi piano di assunzioni da oltre 30 mila medici e infermieri. Evidente dimostrazione di affermazioni vuote e di pura propaganda che certificano il peso politico del Prof. Schillaci.
A nulla valgono le psichedeliche affermazioni del Presidente del Consiglio: “record della storia d’Italia per il Fondo sanitario nazionale: 136,48 miliardi nel 2025” se non a rendere ancora più evidente la distanza siderale che ci separa dai livelli di finanziamento pubblico alla sanità dei Paesi con cui ci confrontiamo (Germania, Francia, Inghilterra, Spagna) e a dimostrare la tenace volontà di rendere il Servizio sanitario nazionale sempre più povero per i poveri, costringendo tutti sempre più a mettere mano al portafoglio per avere risposta a un bisogno di salute e vedere riconosciuto un diritto fondamentale.
Carlo Lusenti
Ecco l'intervento del Presidente dell'Associazione Giovanni Bissoni, buona lettura!
La nostra Associazione nasce nel nome di Giovanni Bissoni con l’intento di difendere la sanità pubblica dall’attacco che le viene portato in questi anni e con l’obiettivo di dare voce e rilanciare i valori che hanno ispirato la vita di Giovanni, compreso l’esempio che ci ha dato di fronte alla malattia e alla morte.
L’incontro pubblico tenuto giovedì 11 luglio al MAST di Bologna intitolato ad una sua frase: “Che nessuno mai sia lasciato solo. Le scelte alla fine della vita” è stato per la nostra Associazione un modo per aprire un confronto fra differenti culture e sensibilità. Per questo ringraziamo Isabella Seragnoli per l’ospitalità nel contesto del prestigioso MAST, insieme alle relatrici Alessandra De Palma e Danila Valenti, ai protagonisti della Tavola rotonda: il Cardinale Matteo Maria Zuppi, l’on. Donata Lenzi, il professor Stefano Canestrari e Pier Luigi Bersani, socio onorario dell’Associazione, intervenuto in conclusione.
Il tema dell’incontro è stato come rispondere alla discussione che si è aperta in merito alla richiesta di aiuto medico al suicidio, di cui la Corte costituzionale ha recentemente definito i criteri per la non punibilità, rivisitando l’articolo 580 del codice penale (che è – va ricordato – del 1930).
La sentenza è largamente basata sui principi introdotti con la legge 219/2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) e con la legge 38/2010 (Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore).
Il dibattito ha evidenziato l’intreccio fra diritti civili e diritti sociali, rendendo esplicito come il buon funzionamento del Servizio sanitario nazionale sia una precondizione per consentire alla persona una scelta libera e consapevole e quindi, in primo luogo, informata. L'informazione e la comunicazione richiedono l'impegno e la capacità di tutto il personale sanitario. Esse sono anche il prodotto di un ampio dibattito della società civile, che la nostra iniziativa vuole contribuire a stimolare.
Un ulteriore pilastro è rappresentato dalla effettiva possibilità - non l'obbligo – per la persona di accedere a tutte le cure palliative possibili, offerta che la Consulta considera pre-condizione per la valutazione di accesso al suicidio medicalmente assistito. Per garantire questa possibilità occorre superare le differenze fra Regioni, e all’interno della stessa Regione. Un altro esempio di come questi problemi si intreccino anche con le politiche sanitarie nazionali.
La confusione esistente impone di chiarire un ultimo punto che dovrebbe essere pleonastico: una disciplina del suicidio medicalmente assistito richiede l'intervento del Parlamento con una legge nazionale.
Vasco Errani